Art. 1892 c.c. e l’onere della prova.

L’art. 1892 c.c. primo comma dispone che: Le dichiarazioni inesatte e le reticenze del contraente, relative a circostanze tali che l’assicuratore non avrebbe dato il suo consenso o non lo avrebbe dato alle medesime condizioni se avesse conosciuto il vero stato delle cose, sono causa di annullamento del contratto quando il contraente ha agito con dolo o con colpa grave”. Nel caso in cui la compagnia di assicurazioni scopra le inesattezze e reticenze dopo il verificarsi dell’evento assicurato, la compagnia medesima è esonerata dal pagamento dell’indennizzo pattuito.

L’art. 1892 c.c. impone quindi il dovere giuridico in capo al soggetto assicurato di riferire ogni elemento a sua conoscenza utile al fine di individuare l’effettivo rischio di verificazione dell’evento assicurato così da garantire alla compagnia assicurativa il possesso delle conoscenze necessarie per determinarsi in ordine alla stipulazione del contratto o comunque utili per la determinazione del premio dovuto in ragione delle probabilità di verificazione del rischio.

Tale dovere viene altresì valorizzato dal successivo art. 1893 c.c. il quale dispone che: “Se il contraente ha agito senza dolo colpa grave, le dichiarazioni inesatte e le reticenze non sono causa di annullamento del contratto, ma l’assicuratore può recedere dal contratto stesso, mediante dichiarazione da farsi all’assicurato nei tre mesi dal giorno in cui ha conosciuto l’inesattezza della dichiarazione o la reticenza.

Se il sinistro si verifica prima che l’inesattezza della dichiarazione o la reticenza sia conosciuta dall’assicuratore, o prima che questi abbia dichiarato di recedere dal contratto, la somma dovuta è ridotta in proporzione della differenza tra il premio convenuto e quello che sarebbe stato applicato se si fosse conosciuto il vero stato delle cose.”

In presenza, dunque, di dichiarazioni inesatte o reticenti poste in essere senza dolo o colpa grave dell’assicurato, all’assicurazione è attribuita la facoltà di recedere dal contratto ovvero, in caso di scoperta delle reticenze ed inesattezze dopo il verifcarsi del sinistro, la compagnia assicuraiva potrà ridurre l’indennizzo dovuto.

IL CASO

Tizio stipulava contratto di mutuo con la Banca Alfa. L’istituto di credito, per tutelare i propri diritti, faceva stipulare a Tizio una polizza assicurativa con la compagnia di assicurazioni Zeta. In forza della polizza stipulata in caso di morte di Tizio, la compagnia Zeta avrebbe corrisposto alla banca Alfa tutte le rate residue del mutuo. Tizio nello stipulare la polizza dichiarava di godere di un “buono stato di salute”.

Nel 2013 interveniva il decesso del Sig. Tizio a causa di una grave patologia letale e non curabile. Gli eredi del Sig. Tizio denunciavano alla compagnia di assicurazioni Zeta l’intervenuto evento assicurato e chiedevano il pagamento dell’indennizzo promesso.

Il medico di famiglia del Sig. Tizio, dichiarava alla compagna di assicurazioni Zeta che il Sig. Tizio al momento della stipulazione della polizza era affetto da alcune patologie, che alla società Zeta non erano state dichiarate.

La compagnia di assicurazioni si rifiutava, dunque, di corrispondere l’indennizzo, proponendo in via transattiva una riduzione dello stesso in una misura che non veniva ritenuta equa dagli eredi di Tizio, i quali, peraltro, contestavano recisamente il fatto che il soggetto assicurato fosse affetto dalle patologie dichiarate dal medico di famiglia.

Veniva introdotta una causa ordinaria dinnanzi al competente Tribunale di Varese, nella quale la compagnia di assicurazioni chiedeva il rigetto delle domande avanzate dagli eredi di Tizio ai sensi dell’art. 1892 c.c. .

In fase istruttoria, nonostante le difese e documenti prodotti dagli eredi di Tizio, il medico di base del Sig. Tizio confermava che il predetto soggetto al momento della stipulazione della polizza era affetto da una serie di patologie che non erano state dichiarate alla compagnia Zeta. La compagnia assicuratrice insisteva, dunque, per il rigetto delle domande degli eredi di Tizio.

Quanto disposto dall’art. 1892 c.c. trova applicazione solo ed eslusivamente ove ricorrano le seguenti condizioni: a) dichiarazioni inesatte o reticenti; b) dolo o colpa grave; c)le dichiarazioni inesatte o reticenti devono essere state determinanti nella formazione del consenso dell’assicuratore o lo avrebbe dato a condizioni diverse.

E’ onere dell’assicuratore provare il dolo in capo all’assicurato, così come è suo onere provare che se avesse conosciuto l’esistenza delle patologie non dichiarate, non avrebbe prestato il suo consenso alla stipulazione della polizza o lo avrebbe prestato a condizioni diverse.

In fase istruttoria era peraltro emersa l’assoluta assenza di correlazione tra le patologie non dichiarate da Tizio ed il morbo che infine ne determinava la prematura scomparsa.

L’assenza di un nesso causale tra le patologie non dichiarate ed il verificarsi dell’evento morte secondo la migliore dottrina, dovrebbe comportare l’impossibilità di applicare quanto prescritto dall’art. 1892 c.c. e ciò sulla base, quantomeno, di ragioni di natura equitativa “partendo dal presupposto che l’intera disciplina di cui agli artt. 1892 e 1893 c.c. sia improntata a favore dell’assicuratore e che il rischio sia elemento imprescindibile nel contratto in esame”.

Il Tribunale adito decideva la controversia aderendo alle tesi difensive promosse nell’interesse degli eredi di Tizio. Il Giudice adito, infatti, pur ritenendo accertata la presenza di dichiarazioni inesatte o reticenti, evidenziava come la compagnia assicurativa non avesse provato in nessun modo il dolo, ovvero la colpa grave dell’assicurato. Pertanto l’art. 1892 c.c. non poteva trovare applicazione. Il Tribunale di Varese, facendo applicazione di quanto disposto dall’art. 1893 c.c., condannava la società Zeta ad erogare in favore degli eredi di Tizio l’indennizzo promesso, ridotto nella misura ritenuta di giustizia dal Giudicante.

Avv. Federico Depetris

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