La Repubblica edizione di Torino del 16.11.2020
Resta senza scuolabus una bimba rom di quattro anni, domiciliata al campo nomadi di Strada della Berlia, a Collegno, nell’hinterland di Torino, a cui è stato revocato il servizio perché non residente. Ora, tramite un legale, il padre ha presentato ricorso in tribunale contro il Comune, facendo presente che sua figlia l’anno scorso aveva ottenuto la possibilità di usufruire del servizio.
Ogni mattina la piccola deve fare 40 minuti a piedi per raggiungere l’asilo e poi altrettanti per tornare a casa, visto che dista circa tre chilometri dal campo. Il padre è nato e cresciuto tra Torino e Collegno, ha la nazionalità comunitaria ma non quella italiana e non riesce ad ottenere la residenza, nonostante sia autorizzato a dimorare presso il campo nomadi assieme alla moglie e ai suoi due figli minori.
“Il Comune non ha accolto la domanda di residenza perché è privo di lavoro e non può dimostrare di essere indipendente dal punto di vista economico – spiega all’Ansa l’avvocato Federico Depetris – Il padre è ansioso di volersi inserire nel contesto sociale italiano e di voler garantire ai suoi figli un futuro migliore lontano dal campo rom. Il modo migliore per consentire l’integrazione è garantire l’accesso ai servizi pubblici essenziali come istruzione, salute, lavoro, mentre il mio cliente non può avere un medico di famiglia e sua figlia non può usare lo scuolabus”.
Secca la replica di Maria Grazia De Nicola, assessora alle Politiche sociali: “L’amministrazione di Collegno è impegnata a 360° per l’inclusione dei residenti del campo di Strada della Berlia da molti anni, in un complesso processo interattivo di cambiamento culturale con azioni mirate alla relazione con le famiglie e i minori per la promozione della legalità e dei diritti. I minori sono stati e sono i principali protagonisti degli interventi. Per favorire la frequenza scolastica dei residenti si è provveduto al trasporto in modo continuativo per l’andata e il ritorno da scuola. Per l’anno 2020/21 otto frequentano la scuola primaria e sette quella dell’infanzia. Il mancato trasporto è la conseguenza della mancata residenza che formalmente questo nucleo non ha mai richiesto, si è sempre limitato a recarsi agli uffici con la mediazione di un operatore sociale per avere informazioni relative agli adulti, non ai minori, senza mai esibire la documentazione del possesso dei requisiti previsti. Lo scorso anno, pur in assenza di residenza, il Comune aveva concesso il trasporto per dare un ulteriore segno ai genitori di sostegno affinché la bimba potesse avere una giusta inclusione sociale, ma avvisandoli nel contempo della necessità di regolarizzare la loro situazione al campo”.