Sempre più spesso nei giudizi civili e penali fanno il loro accesso le registrazioni audio tra le parti. I nostri telefoni cellulari ormai consentono di registrare le conversazioni tra presenti (come un comune registratore), ma anche, scaricando una semplice app, registrare le conversazioni telefoniche.
L’art. 2712 c.c. dispone espressamente che: “Le riproduzioni fotografiche, informatiche o cinematografiche, le registrazioni fonografiche e, in genere, ogni altra rappresentazione meccanica di fatti e di cose formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate …” Peraltro è nella piena logica delle cose che le registrazioni audio, quantomeno tra soggetti presenti alla conversazione registrata, possano essere liberamente e lecitamente prodotte in giudizio, quale forma di documentazione di un fatto storico ossia della conversazione stessa. Ed infatti la Suprema Corte ha avuto modo di chiarire che: “ La registrazione fonografica di un colloqui tra presenti, rientrando nel genus delle riproduzioni meccaniche di cui all’art. 2712 c.c., ha natura di prova ammissibile nel processo civile … “ (Cfr. Cass. 14/27424).
In ambito penale la Suprema Corte, con un insegnamento più volte ribadito, ha precisato che: : “Deve premettersi che, in via di principio, la giurisprudenza della corte di cassazione e’ costante nel ritenere che le registrazioni di conversazioni tra presenti, compiute di iniziativa da uno degli interlocutori, non necessitano dell’autorizzazione del giudice per le indagini preliminari, ai sensi dell’articolo 267 cod. proc. pen., in quanto non rientrano nel concetto di intercettazione in senso tecnico, ma si risolvono in una particolare forma di documentazione, che non e’ sottoposta alle limitazioni ed alle formalita’ proprie delle intercettazioni (Sez. 1, 14-4-1999, Iacovone; Sez. 1, 14-2-1994, Pino; Sez. 6, 8-4-1994, Giannola). Al riguardo, e’ stato evidenziato dalle Sezioni Unite che, in caso di registrazione di un colloquio ad opera di una delle persone che vi partecipi attivamente o che sia comunque ammessa ad assistervi, “difettano la compromissione del diritto alla segretezza della comunicazione, il cui contenuto viene legittimamente appreso soltanto da chi palesemente vi partecipa o vi assiste, e la “terzieta’” del captante. La comunicazione, una volta che si e’ liberamente e legittimamente esaurita, senza alcuna intrusione da parte di soggetti ad essa estranei, entra a far parte del patrimonio di conoscenza degli interlocutori e di chi vi ha non occultamente assistito, con l’effetto che ognuno di essi ne puo’ disporre, a meno che, per la particolare qualita’ rivestita o per lo specifico oggetto della conversazione, non vi siano specifici divieti alla divulgazione (es.: segreto d’ufficio). Ciascuno di tali soggetti e’ pienamente libero di adottare cautele ed accorgimenti, e tale puo’ essere considerata la registrazione, per acquisire, nella forma piu’ opportuna, documentazione e quindi prova di cio’ che, nel corso di una conversazione, direttamente pone in essere o che e’ posto in essere nei suoi confronti; in altre parole, con la registrazione, il soggetto interessato non fa altro che memorizzare fonicamente le notizie lecitamente apprese dall’altro o dagli altri interlocutori. Puo’ dunque essere affermato il principio che la registrazione della conversazioni effettuata da uno degli interlocutori all’insaputa dell’altro non e’ classificabile come intercettazione, ma rappresenta una modalita’ di documentazione dei contenuti della conversazione, gia’ nella disponibilita’ di chi effettua la “documentazione” e potenzialmente riversabili nel processo attraverso la testimonianza.” (Cass. 15/30918).
In definitiva, quindi, le registrazioni audio (di conversazioni telefoniche o di conversazioni “tra presenti”) sono forme di documentazione di fatti utilizzabili e producibili in giudizio.
Avv. Federico Depetris